MAURIZIO PIROVANO INDAGA “IL TEMPO PERDUTO”
E’ questo il titolo
dell’ultimo album del cantautore brianzolo, che dal 2005 si è
imposto sulla scena della musica indipendente italiana, guardando
sempre con un occhio di riguardo sia al rock più spuro americano,
che a quello inglese, più melodico e raffinato, unendo a tutto ciò
un’indagine puntuale attraverso la scritta da cui scaturisce tutta
la sua sensibilità artistica e umana. Un’indagine pressoché
esistenziale, è proprio quest’ ultimo lavoro in studio, una sorta
di concept album dove il Tempo, percorre tutto il disco, e viene
affrontato da diversi punti di vista, del resto, la tematica del
tempo, da sempre affascina, e nel contempo spaventa, l’essere
umano: poeti, filosofi, scrittori, ma anche pittori, scultori e
architetti…artisti di vari ambiti hanno cercato, e cercano tutt’ora
di comprenderlo, fermarlo, ingabbiarlo e talvolta persino sfidarlo.
Ed ecco come anche Maurizio Pirovano, attraverso la musica, accoglie
anche lui questa sfida del tempo, e la sfida di afferrarne tutto il
senso e il valore, attraverso “IL TEMPO PERDUTO” infatti si
compie, brano dopo brano, una ricerca interiore a suon di rock, che
da indagine intima, quale può essere il rivolgersi dentro se stessi,
diventa un messaggio universale, perché se è vero che tutte le
riflessione scandite da batterie convulse e chitarre elettrificate,
partono da un viaggio personale e solitario, la destinazione, o
meglio, il significato che ne deriva, è qualcosa che accomuna tutte
le persone, con le dovute peculiarità caratterizzanti, ma che non
risulta così diverso poi nel senso più profondo: Dalla prima
all’ultima traccia del disco, lungo questo svisceramento della
parola tempo, ogni ascoltatore può riconoscersi nelle sensazioni,
nelle paure nelle delusioni che Pirovano chiama in causa. Ma il
percorso lungo le strade dell’anima, e nel significato che questa
dà al tempo, è solo un lato del disco del cantautore, l’altro
lato, la B-Side dell’album, è rappresenta un altro modo di
indagare il tempo e, se prima il senso del tempo, andava da dentro di
noi, all’esterno, ora il senso di marcia è invertito:
dall’esterno, all’interno: dalla società in cui viviamo e in cui
dove il tempo ne è parte integrante e strutturante- a come noi, di
riflesso- abitiamo tale struttura sociale e a come quest’ultima si
riflette nei nostri comportamenti. . Il cantautore lombardo ci sbatte
in faccia a suon di note, ciò che non riusciamo a vedere,perché fin
quando la situazione non la si guarda da un altro punto di vista-
quello esterno appunto- questa ci schiaccia,ci incatena e rischiamo
di rimanerne sopraffatti,di omologarci,di conformaci ad un sistema
sbagliato. Ecco che allora brani come il singolo di lancio dell’album
“LASCIATI ANDARE” e “STATO DI ALLUCINAZIONE”- le tracce che
meglio rappresentano il disco e il tema portante del tempo- diventano
vere e proprie frecce scagliate verso questo sistema. Un sistema che
porta ad isolamento collettivo: siamo tutti uniti nella propria
solitudine, con un dito puntato, senza mezzi termini, al mondo e
all’era social. Un luogo fittizio in cui si hanno facilmente un
sacco di “amici”, dove condividere selfie, ma nel quale né la
parola amicizia, né condivisione trovano il loro valore e
significato. Postiamo di tutto solo per dare una prova, una
testimonianza della nostra esistenza ma facciamo altro che far
emergere, un lato egoistico e narcisistico e quindi, più che di
condivisione, sarebbe più corretto parlare di “esibizione”;
esibisci dunque, ma anche “subisci” , svelando in questo
modo, una altro argomento simbolo di questo album, una sorta di
strada secondaria, che si sviluppa a partire dal tema principale del
tempo, portandoci magari in un’altra direzione, ma partendo sempre
dalla stesso fulcro, avviandoci verso la constatazione di lento
prosciugarsi del nostro essere “attivi”, per ritrovarci invece
soltanto esseri “passivi”. Siamo persi nello schermo e restiamo
concentrato solo su noi stessi, ma senza sapere o chiederci più chi
siamo davvero; dall’alto del nostro egocentrismo, viviamo un
‘esistenza costruita solo di apparenza (“Stato di
allucinazione apparente” ci canta Pirovano) e così non c’è
più essenza, l’essere veramente noi stessi, ma assenza e
dove nonostante siamo riempiti di dolci menzogne,fagocitando
commenti senza saziarci mai (“CARAMELLE”), ci sentiamo più vuoti
che mai. . “Dopo tutte le mattine che hai passato in tangenziale ti
sei accorto che l’inferno è una vita tutta uguale” una frase del
brano “LASCATI ANDARE” dove Pirovano sembra buttar fuori le
parole nei toni di un certo Appino, ci fa capire come a volte, dopo
tutto il “tempo perduto” mentre sei nel traffico ti accorgi che
non vivi ma sopravvivi ad una società fatta di fotogrammi e
non di persone, un Paese fatto di specchi che riflettono un sé
distorto. Un mondo di specchi e schermi che riflettono ma, ciò che
dovrebbe riflettere non sono gli oggetti ma le persone!
In questo modo diventiamo
specchi o meglio spettri (STATO DI ALLUCINAZIONE”),
attraverso ogni canzone Maurizio ci invita ad essere attivi, ad
alzarci da una seggiola che ci immobilizza (“GENOVA”). Ed ecco
che , “PASSO DOPO PASSO”, arriva una sferzata di grunge
che lascia ampio respiro alla musica: batteria,chitarra,basso, ogni
strumento trova il suo posto e modo di esprimersi con riff o assoli
tra una strofa e ritornello, rendendo il suono sempre
fresco,avvolgente e incisivo. Maurizio qui, per mezzo di un sapiente
uso delle figure retoriche, riprende in questo brano la tematica
dell’assenza, “Passo dopo passo sei arrivata
finalmente e quello che più manca è la tua assenza”
, ammaliandoci così di un intricato, emblematico e seducente
ossimoro, come se fossimo immersi nella lettura di un’opera
poetica decadentista. Per poi, nella traccia successiva, “LE MEZZE
STAGIONI” raccogliere tutta la rabbia, scagliata fuori anche
attraverso la musica, la quale trasuda anch’essa, tutto lo sdegno e
tutte le falsità ingoiate assieme a quelle “CARAMELLE” del
secondo brano.
Un sound punk, che ben si
staglia su lo stile ribelle di “LE MEZZE STAGIONI” con rimandi ai
Kings Of Leon e ai Killers, specie nei riff di chitarra iniziale,
rinvigoriti poi nel corso del brano, che diventa potentemente rock,
dimostrando ancora una volta la sensibilità della scrittura di
Maurizio, nonché il suo insinuarsi tra le pieghe dei nostri
pensieri: “Potevi vivere felice dentro un mondo immaginario…
volevi vivere felice senza mai guardarti intorno, lasciando che
qualcuno decidesse qui al tuo posto”. Sono queste le prime
parole del brano che nell’inciso ripete: “Le mezze stagioni
non esistono più…” Una frase che è un modo di dire,
diventa il modo per dire che non esiste più il momento della
riflessione interiore…tutto così veloce, frenetico…senza un
minimo di stacco tra un momento e l’altro…dall’attimo prima a
quello successivo; e,istintivamente, il ritmo stesso del brano,
grazie ad uno sapiente uso della batteria, insegue il pezzo in tempi
del tutto cadenzati al senso del movimento e della velocità, le
pause tra una battuta e l’atra si dimezzano, poi sembrano svanire
del tutto, per dare anche attraverso la parte strumentale il senso
della mancanza di passaggio da uno stato all’altro, lasciandoci la
possibilità di due sole alternative: la segregazione nell’apatia o
l’essere totalmente coinvolto, fino a soffrire per questo: “Tu
cammini al punto dove il cuore fa più male”ciò che vuole
dirci Maurizio è che nel momento in cui decidiamo di essere noi a
vivere, noi a scegliere…essere noi ma non nel nostro mondo, in quel
mondo immaginario, siamo costretti a scendere in campo, ad essere
parte di questo mondo…parte ma anche Partecipi….(ricordati il
mondo come quando eri bambino )
L’andamento del brano
del brano sembra poi rincorrere quel Tempo Perduto, sembra vederlo
allontanarsi e cercare di riprenderlo… di guardalo dentro..
accorgendosi che poi, guardare dentro il tempo, esaminarlo, non è
altro che il riflesso di ciò che noi siamo, della nostra
interiorità, perché il tempo è quello che ci forma e quello
perduto, in qualche modo ci de-forma. Le difficoltà di ritrovare un
equilibrio, in questo periodo di precarietà, discorso che poi ben si
lega alla traccia che chiude l’album. In “Stato Di
Allucinazione”, la parola stato è ben giocata sui molteplici
significati che ne puntellano vari aspetti e vanno a scontrasi in una
critica serrata alla società odierna, dove noi esseri umani, abbiamo
quasi perso la nostra stessa personalità…divenendo quasi dei
robot, dei soggetti che non possono dirsi tali perché subiscono
l’azione, anziché esserne i fautori; che poi, a ben dire…il
cantautore ci sta dicendo che si tratta di uno “Stato di
allucinazione APPARENTE”: non si è sicuri neanche di questo
“stato allucinatorio”…di questo “vedere” ciò che non
esiste…una fenomenologia atta ad esaurirsi in se stessa prima di
essere recepita da un soggetto, che comunque è e rimane apatico.
“Vivere felici
senza ami guardati intorno, lasciando che qualcuno decidesse al tuo
posto, adesso non puoi”
“LE MEZZE STAGIONI”
finiscono in modo lapidario: non puoi più tornare indietro...si
ritorna, in un pezzo che quindi assume una struttura circolare,
all’inizio, a quando avevamo possibilità di scegliere…ma poi…
Cosa è successo? Ci si accorge che “Tu cammini
al punto dove il cuore fa più male ,cerca un precipizio
per buttare il mio stupore, toglimi dagli occhi tutto questo mio
dolore, aiutami a vivere”, un appello quasi eretto a
monumento commemorativo, scagliato contro il tentativo di rifuggire
dallo stupore, da quella meraviglia che di tanto in tanto…può
farci tornare bambini…” Tuttavia “Avevi
fatto un bel viaggio che non tornerà più”…il Tempo
Perduto è andato, per riprendere il tema dell’album, il quale
quindi, a partire dal singolo di lancio “LASCIATI ANDARE” “IL
TEMPO PERDUTO” prende per mano l’ascoltatore, lo accompagna lungo
quelle “Mattine sempre uguali”, fatte di routine, ma
anche di domande esistenziali, sottolineando quanto sia importante la
prospettiva da cui si guarda la vita.
Come ogni vero viaggio,
questo disco, ci sconvolge,ci travolge,ci cambia e ci migliora, ci
turba, crea disagi o momenti di difficoltà e ci fa crescere,ci
lascia ricordi bellissimi e quando finisce, siamo felici di averlo
intrapreso…anche questo disco è un viaggio, un “viaggio nel
tempo” forse? Non esattamente, non è così semplice: “Il tempo
Perduto” è una “ricerca sul Tempo”: si raccolgono alcuni
frammenti del passato, se ne coglie l’importanza, per capire
meglio il futuro e soprattutto per renderci consapevoli e
coscienti del presente. Ed ecco che questa ricerca, questo studio
del tempo, ci porta a comprendere qual è il nostro tempo che abbiamo
perso. una scommessa che dovremmo trasformare in vittoria, non
in una perdita. Maurizio Pirovano quindi, ci sta insegnando, a vedere
e vivere questo nostro tempo, prima che diventi passato e sia quindi
troppo tardi, prima di perderlo. Ogni brano ci esorta a fare,
a non perdere tempo, a vivere il tempo senza aspettarlo, perchè il
tempo non aspetta, è crudele “e passa e porta via con sé”,
è impalpabile si, non lo puoi contenere ma lo puoi conservare nel
ricordo (“PIANGERESTI PER ME”) mentre l’adesso, è solo
da vivere perciò…. Lasciamoci andare a questo
strepitoso ascolto…
Un album, questo di
Pirovano che da tutti i punti di vista - arrangiamenti, composizione,
scrittura, vocalità- è eccellente; insomma mettersi all’ascolto
de “IL TEMPO PERDUTO” non sarà di sicuro una perdita di tempo!
Sonia Bellin
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